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Sviluppo professionale e carriere

Stabili i tempi di ricollocamento dei lavoratori nel mondo del lavoro

Il tempo necessario al ricollocamento di impiegati di primo livello, quadri e dirigenti nel mondo del lavoro si attesta, in base a una proiezione del 2021, intorno ai 5,5 mesi, in linea con il 2020. E’ il risultato di una ricerca realizzata da AISO, Associazione Italiana Società di Outplacement che ha il compito di sensibilizzare le aziende italiane nell’utilizzo di questo servizio. Tra i settori in cui sono stati maggiormente ricollocati i quadri e dirigenti nel 2021 rientrano soprattutto: ICT, banking, servizi, industrial, automotive.

Nel 2021, oltre a quelle dell’anno precedente, anche la funzione operation sta registrando un incremento consistente. Infine, i lavoratori (tra dirigenti, quadri, impiegati) supportati nel 2020 da aziende che operano nell’outplacement hanno ritrovato lavoro nel 70% dei casi come dipendenti, il restante optando, invece, per l’avvio di un’attività autonoma, come free lance, oppure di microimprenditorialità. Il 2021 conferma questo dato, con un leggero aumento delle attività autonome come free lance (3%).

Inoltre, AISO analizza il tema del contratto a tempo indeterminato: la maggioranza degli over 50 valuta con maggiore interesse una forma contrattuale flessibile rispetto ad un contratto da dipendente.

In questo clima di incertezze nel mondo del lavoro un ruolo lo potrebbero svolgere le società di outplacement per il ricollocamento di lavoratori. Tutte le persone a cui l’azienda concede l’outplacement nel pacchetto di uscita vengono affiancate da consulenti di carriera specializzati per accompagnare le persone a riattivarsi, acquisire piena consapevolezza delle proprie competenze, aiutando i lavoratori a scoprire le proprie potenzialità e a colmare i propri eventuali gap di competenze per tornare a riproporsi sul mercato.

I lavoratori inseriti in programmi di Outplacement si trovano ad avere la necessità di sviluppare nuove competenze per rispondere alle esigenze di nuovi ruoli professionali. L’emergenza sanitaria di questo periodo ha accelerato questo cambiamento. Per le imprese la pandemia ha significato dover affrontare nuove sfide e cambiare modelli di business. La ricerca di AISO evidenzia inoltre come l’esito positivo di una transizione occupazionale venga accelerato ben dell’88% in coloro che hanno cambiato lavoro attraverso un percorso di outplacement. L’anno in corso registra un aumento del 5% rispetto al 2020, quando i lavoratori coinvolti provenivano da funzioni come: sales, finance, engineering”, aggiunge Pechy.

In questo periodo di emergenza sanitaria occorre dare il via a un’evoluzione delle politiche attive nazionali. È fondamentale lavorare tutti insieme: sindacati, imprese, INPS, fondi interprofessionali, agenzie per il lavoro, Governo. Un segnale d’ottimismo arriva dall’approvazione in via definitiva in Parlamento del decreto del 20 luglio 2021, n. 103, che contiene all’articolo 3-bis sull’istituzione di un fondo governativo per i servizi di outplacement per la ricollocazione professionale. Per l’anno in corso, al fine di permettere l’accesso ai servizi di outplacement per la ricollocazione professionale di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dieci milioni di euro saranno destinati all’attivazione di servizi per la ricollocazione professionale dei lavoratori dipendenti di aziende che siano state poste in procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria o dei lavoratori che siano stati collocati in cassa integrazione”, continua Pechy.

Da un’analisi di AISO emerge infine che chi non beneficia delle opportunità del cambiamento dovuto all’emergenza sanitaria rischia di diminuire la propria spendibilità sul mercato, la propria attrattività, che nel settore chiamiamo “employability”. A rischiare una bassa employability e quindi un forte rischio di disoccupazione sono tutte le generazioni, senior, giovani, uomini e donne soprattutto se impiegati in attività con competenze arretrate. L’analisi evidenzia che alcuni fattori di rischio sono: la mancanza di un’istruzione universitaria specializzante,

.I nostri giovani si trovano in grossa difficoltà, in maniera paradossale, in quei settori in cui la domanda di lavoro è alta; è nostro compito indirizzarli, supportarli nella scelta di attività d’interesse concreto, aiutarli a rendere i propri sogni realizzabili”, afferma Cristiano Pechy. “Dobbiamo inoltre superare la credenza che sia il contratto a regolare la nostra employability; quando pensiamo in questo modo siamo fermi al medioevo: devono essere le nostre competenze, soft e hard a determinare il nostro potenziale di mercato”, conclude il presidente.