Crescono le pause di carriere
Da una ricerca di LinkedIn c’e’ una particolare attenzione alle pause di carriera, ovvero alle interruzioni di più di un mese nell’arco dell’attività lavorativa, sia imposte che volute. Un fenomeno che in Italia, e nel mondo, è ancora vissuto con vergogna o con rassegnazione, ma che, nel giusto contesto, può rappresentare un’opportunità per migliorarsi.
Un dato rilevante riguarda l’età in cui, mediamente, le persone prendono, o affrontano, una pausa: 29 anni per le donne e 31 per gli uomini. Le motivazioni più frequenti rilevate tra i partecipanti sono, a pari merito, la perdita del posto di lavoro e la scelta di prendersi del tempo per ragionare sui prossimi passi da intraprendere. A volte la decisione è legata alla sfera della salute mentale: il 10% ha dichiarato di aver preso una pausa perché in burn-out.
Fabiana Andreani, Senior Training Manager e Consulente di carriera e LinkedIn Top Voice commenta: “Il primo passo per annullare lo stigma delle pause di carriera è di ordine culturale e corrisponde a far passare il fatto che le fasi della vita siano cambiate. Mentre nel XX secolo, era normale prevedere che, da una fase di formazione iniziale, si passasse ad una vita lavorativa senza soluzione di continuità fino alla pensione, attualmente lavoro e formazione si sovrappongono e si alternano in uno sviluppo personale che non si arresta neppure in età avanzata. Non solo, la durata stessa dei singoli rapporti di lavoro diminuisce e soprattutto le giovani generazioni non sono più disposte a fare a patti tra i valori di un’azienda e i propri. Tutto questo non può passare inosservato a un HR Manager in quanto, a prescindere dalla causa, qualsiasi break è ora da intendersi come un momento di consapevolezza, prezioso per capire come orientare la propria carriera, e per ripensare, soprattutto in momenti storici così delicati, alla centralità della salute mentale nella vita di ogni professionista.”