Temporary manager e consulente: contrasti o sinergie?
di Robert Hassan
Temporary e Fractional Management e consulenza: facciamo il punto con Maurizio Quarta e Andrea Pietrini. La crisi pandemica tuttora in atto ha riportato alla ribalta l’annoso tema della sottocapitalizzazione e sottomanagerializzazione delle PMI italiane. L’iniezione, la costruzione e il rafforzamento delle competenze manageriali sono diventati pertanto una sorta di mantra continuamente ripetuto nei discorsi e negli scritti della politica, e dell’associazionismo imprenditoriale.
Negli ultimi anni, il mondo delle PMI è ricorso in maniera crescente al temporary management quale strumento ideale per portare in casa competenze di alto livello, non altrimenti o difficilmente disponibili, a costi accessibili, con l’obiettivo di accrescere le capacità delle persone già operanti in azienda.
L’azione “culturale” e di moral suasion svolta dall’intero ecosistema industriale ha fatto sì che anche imprese molto piccole (con fatturati <5 milioni) abbiano cominciato ad apprezzare soluzioni di tipo temporary, ma in modalità per loro maggiormente sostenibili economicamente e dal punto di vista organizzativo: parliamo del part time management o fractional management o fractional executive, termini divenuti ormai molto comuni e frequenti tra gli imprenditori e sulla stampa specializzata e non.
Questo fatto sicuramente positivo ha però portato con sé un elemento di confusione sul mercato, in particolare per quanto riguarda la distinzione tra ruoli e contributi manageriali e consulenziali, anche perché si è anche allargata l’offerta di professionisti interessati ad operare in maniera flessibile.
Il tema è stato ripreso in un convegno organizzato da AIDP (Abruzzo, Molise e Marche), in cui anche i rappresentanti di Confindustria hanno sottolineato come per le PMI un aspetto delicato e molto importante sia quello dell’Execution, della capacità di fare e di tradurre piani in azioni. Molto significativa l’immagine utilizzata: per insegnare a zappare non serve qualcuno che scriva un manuale, ma qualcuno che sappia zappare e insegni dando l’esempio!
Per fare il punto sulla situazione e chiarire le differenze tra il mondo del management temporaneo e quello della consulenza tradizionale abbiamo intervistato Maurizio Quarta, sicuramente uno dei rappresentanti più conosciuti nel mondo del Temporary Management con la sua Temporary Management & Capital Advisors (https://www.tmcadvisors.com) e con Andrea Pietrini, Chairman di YOURgroup (https://www.yourgroup.it) che promuove da anni le tematiche del Fractional Executive.
Dottor Quarta, ci dà la sua visione sul mondo del Temporary Management in Italia e nel mondo, dal suo osservatorio privilegiato?
Noi vediamo il mondo principalmente attraverso due osservatori: un panel internazionale di circa 1.500 temporary manager in 10 dei 24 paesi dove opera il nostro gruppo internazionale e un secondo mini panel tutto italiano di circa 200 temporary manager.
Globalmente, la pandemia ha inizialmente indotto un ritardo nell’avvio di progetti legati a tematiche di trasformazione e cambiamento: di questi, solo una minima parte (meno del 20%) sono stati rinviati sine die se non cancellati del tutto. Nessun impatto rilevante invece sui progetti legati a tematiche a più elevata connotazione operativa.
E’ aumentato in generale il ricorso a forme di part time: in buona parte perché allo strumento del temporary si sono affacciate nuove aziende molto piccole e in minima parte perché, specie nella fascia 10-15 milioni, alcuni incarichi full time sono stati trasformati in part time. Marginale tuttora l’incidenza di incarichi part time in aziende grandi e gruppi.
Alcuni dei nostri partner (gli USA su tutti) già da tempo utilizzano forme di part time in team per le aziende molto piccole: da vari paesi, incluso il nostro, arrivano segnali di una certa crescita sempre tra le aziende più piccole comincino.
A fronte di questi segnali, rileviamo come, sia in Italia che all’estero, sembra aumentare l’offerta di servizi di fractional management (non di temporary) a fronte di un numero crescente di operatori che si presentano sul mercato: nella maggior parte dei casi, e basta navigare sul web per rendersene conto, si tratta di società di consulenza che presentano questo servizio nel loro menu di offerta, dato che nella modalità fractional/part time, proprio in virtù delle sue caratteristiche, le differenze tra manager e consulente diventano ancora più sfumate.
Sul temporary questo avviene in maniera trascurabile anche per il fatto di dover ottemperare a determinate disposizioni legislative (es. autorizzazioni dal Ministero del Lavoro) cosa che non sussiste per il fractional.
Dottor Pietrini, ci vuole raccontare lo sviluppo del modello Fractional e le sue prospettive nel nostro Paese?
Il modello di fractional executive è un modello di supporto manageriale adatto ad aziende di dimensioni sì più piccole, rispetto al temporary, ma quasi sempre con progetti managerialità di qualità e consiste, sostanzialmente, nel supporto offerto da un manager senior, 2/3 giorni la settimana per periodi di lunghezza variabile. In questo modo il manager può seguire più di un’azienda e l’azienda ha un onere economico commisurato alla sua dimensione.
E’ un modello che si adatta molto bene a un sistema imprenditoriale come il nostro fatto di tante aziende familiari che vogliono in qualche modo avvicinarsi a tematiche manageriali in maniera più soft o che, più semplicemente non possono permettersi l’onere di un manager strutturato a tempo pieno.
Questo “fit” strategico anche noi lo sperimentiamo quotidianamente in Italia, grazie ai circa 200 partner – numero peraltro in continua e rapida crescita – distribuiti sul territori e con le nostre strutture in Svizzera, Francia e UK, cominciamo da qualche anno a confrontarci anche con esperienze internazionali.
Io sono pertanto certo che quello fractional sia un modello che possa portare un grande beneficio al nostro Paese mettendo in comunicazione il grande mondo della managerialità con quello, altrettanto grande, delle piccole medie imprese che sono l’ossatura del nostro sistema economico e quindi ritengo che abbia prospettive di sviluppo importanti.
Dottor Quarta, ci aiuta a capire le differenza tra la managerialità temporanea, nelle sue forme e il management consulting?
Premetto che nel temporary management “classico” (full time) la distinzione, all’estero come in Italia, è ormai chiara e netta da molti anni. Come dicevo prima, l’ampliarsi della modalità part time/fractional ha finito per riesumare vecchie forme di confusione.
Vale quindi la pena rifocalizzare sia pur velocemente il discorso. Può sempre indurre in errore e generare confusione il fatto che spesso le modalità contrattuali con cui opera un temporary/fractional siano molto simili a quelle di un consulente (anche per carenza normative tipicamente italiche), nelle forma più che nella sostanza.
Possiamo sintetizzare queste differenze in alcune parole chiave che descrivono sinteticamente cosa fa il temporary (e anche il fractional) a differenza di un consulente: realizza e porta ad attuazione un progetto o un’iniziativa specifica; è un operativo, un esecutivo che “fa”; per fare assume responsabilità dirette, deleghe e poteri.
La vera differenza sostanziale sta soprattutto nelle competenze messe in campo: il temporary/fractional è un manager di elevata seniority ed esperienza, che magari ha avuto esposizione ad attività di natura consulenziale, specie agli inizi della propria carriera, ben diverso da chi ha avuto un percorso professionale prettamente se non esclusivamente di natura professionale.
In sintesi, il temporary/fractional non è alternativo alla consulenza e non c’è nessun conflitto tra le due tipologie di servizio professionale, è semplicemente una professione diversa, che richiede a sua volta attitudini, motivazioni e competenze diverse da quelle normalmente identificabili in un consulente. Rispondono molto semplicemente a diverse esigenze delle imprese e possono intersecarsi di frequente in combinazioni professionali virtuose.
Per rafforzare il concetto, ricordo che il bacino da cui provengono i fractional manager è esattamente lo stesso del temporary management: si tratta di fondo delle stesse persone, con le stesse competenze, in più disponibili ad operare in modalità part time e con in più la spiccata e provata capacità di gestire al meglio un progetto in contesti di natura familiare e imprenditoriale.
Dottor Pietrini, ci dà la sua prospettiva del mondo della managerialità in Italia nei prossimi anni?
Il mondo del management nel nostro Paese dovrà affrontare sfide significative nei prossimi anni.
Dal punto di vista dei contenuti e della competenze, in primis dovrà aiutare le aziende e gli imprenditori a gestire un ambiente altamente discontinuo di cui la presente crisi Covid ne è soltanto un esempio.
Digitalizzazione, internazionalizzazione e gestione delle risorse umane sono i temi su cui più di altri si dovrà concentrare l’attenzione del manager del futuro.
Purtroppo non tutti sono preparati perché i contesti economici sono sempre più accelerati e richiedono mutamenti di competenze molto più frequenti che in passato. Per questo motivo ci sarà da affrontare anche un forte tema di aggiornamento professionale e di continuous learning.
Anche a livello continuità professionale ci si dovrà sempre più confrontare con modalità di transizione di carriera, dove quello della carriera lineare che è stato il modello prevalente nel secolo scorso sarà sempre meno frequente.