Quale management per garantire la continuità nelle aziende familiari
di Vito Gioia
Head hunter, consulente di carriera, M&A advisor in Ward Howell
Le aziende familiari costituiscono il Capitale Sociale dell’Italia. E in quanto grande ricchezza dell’Italia sono da difendere, non soltanto nell’interesse dell’imprenditore e della famiglia, ma anche nell’interesse collettivo, perché sono un patrimonio di tutto il Paese.
Come tutelare le aziende familiari?
Cercando di garantire la continuità dell’impresa. E non deve essere soltanto un desiderio, ma un dovere dell’imprenditore che dovrebbe cercare di gestire bene l’impresa a prescindere dai fondatori e dai familiari. Dissociare la famiglia dall’impresa è il concetto più difficile da far accettare all’imprenditore il quale spesso dà per scontato che figli, nipoti e affini possano succedergli per via ereditaria. Da una parte ai nostri figli dobbiamo lasciare la libertà di scegliersi il proprio futuro e dall’altra dobbiamo lasciare gestire l’impresa a chi sappia veramente gestirla. Quello che possiamo fare come genitori imprenditori e come conoscitori del mercato è dare informazioni ai figli, aiutarli a capire come funziona il mercato del lavoro, ma non influenzarli secondo i nostri desideri, perché non è detto che sia la scelta giusta quella di farli lavorare nella propria azienda. I parenti o “affini” vanno inseriti nell’azienda soltanto ad alcune condizioni: se sono strettamente necessari per il bene dell’azienda; se hanno competenze, attitudini e capacità equiparabili a quelle di un manager esterno e purché siano trattati come qualunque altro collaboratore. Figli e parenti possono lavorare in azienda, ma non devono godere di privilegi particolari e si devono comportare come gli altri collaboratori. Né devono avere stipendi fuori dalla norma: se andate a vedere le strutture retributive di alcune aziende familiari, troverete stipendi ed emolumenti vari al di fuori della logica del mercato. In questo modo non facciamo bene né all’azienda, né ai parenti.
In azienda non dovrebbero entrare i problemi familiari e in famiglia non dovrebbero entrare i problemi aziendali: se questo accade, fatalmente si distrugge prima l’azienda, e poi la famiglia. Ma se proprio non si riesce ad osservare questa regola il suggerimento è: fate un altro mestiere! Non è obbligatorio né automatico lavorare nella propria azienda.
Quello spirito, quel coraggio, quella voglia che aveva il fondatore quasi mai si ritrova nella seconda e nella terza generazione, generazioni cresciute senza troppe difficoltà, senza troppi sacrifici. E’ improbabile che abbiano la stessa “fame” (vera o di successo) che aveva il fondatore.
Quindi, sempre nell’interesse dell’azienda e della famiglia, è meglio cambiare mestiere se non si è portati a fare l’imprenditore/manager della propria azienda. E se intendiamo inserire dei figli nella nostra azienda meglio mandarli prima a lavorare in un’altra azienda.
Le difficili relazioni tra la proprietà e il management
Conosciamo bene le difficoltà che incontra un Manager esterno alla famiglia, occupandoci di selezione di Dirigenti per le imprese. L’inserimento di Manager esterni è sempre difficile ma lo è ancor di più nelle aziende familiari. Per un cacciatore di teste è più facile cercare l’AD o il Direttore per una grande azienda multinazionale, che non il Direttore per un’azienda familiare. Il nostro lavoro per l’azienda familiare è molto più oneroso e meno redditizio ma è anche più appassionante e gratificante perché c’è un rapporto più caldo con queste imprese e si toccano da vicino i risultati.
Quali sono gli ostacoli, i pregiudizi tra proprietà e management?
La proprietà, in buona fede, dichiara di voler delegare, di volere fortemente un direttore generale o un alter-ego, di volersi occupare un po’ meno dell’azienda e un po’ più della vita privata. Ma in realtà è poco disposta a delegare.
Quale Management è adatto per le aziende familiari?
A seconda del tipo di proprietà il DG di successo nelle aziende familiari può essere un fedele esecutore con qualche spazio decisionale (caso più frequente) oppure all’opposto un manager molto determinato che – d’accordo con la proprietà – tiene fuori la famiglia dall’operatività, gestisce l’azienda in piena autonomia e porta i dividendi agli azionisti (caso più raro).
In entrambi i casi è importante che il manager esterno sappia garantire una continuità ed essere il punto di riferimento della famiglia. L’imprenditore in genere non crede che gli altri possano fare meglio di quanto abbia fatto lui, continua a dialogare di tutto con tutti e non si fida: il manager esterno non conosce la storia, la realtà, le persone. Ma si crea un rapporto difficile quando chiunque in azienda continua a dialogare direttamente con la proprietà ignorando il manager. Alcuni imprenditori pensano: se è sempre andata bene così perché dovrei cambiare? Perché dovrei pagare un manager piuttosto costoso per fare delle cose che potremmo fare in famiglia?
Ma oltre alle obiezioni già dette nelle aziende familiari giocano ben altre influenze nascoste che provengono da figli, amanti, compagne, segretarie e pseudo-amici e consigliori che, pur non comparendo nell’organigramma, fanno sentire la loro voce. Queste sono le problematiche di fondo tra manager e proprietà e i giochi di potere non fanno gli interessi dell’azienda e non rispondono all’esigenza di guardare a lungo termine per costruire un patrimonio che duri nel tempo.
Allora quale manager può andar bene per queste aziende? Spesso lo definiscono l’”alter ego”, una figura con competenze “gestionali” ampie che mancano in azienda. A volte si tratta di competenze di finanza e controllo, perché spesso l’azienda è attrezzata da punto di vista del mercato, ma è carente in questo aspetto; qualche volta, invece, sono carenze di tipo commerciale e meno spesso di tipo tecnico produttivo.
Non esiste una soluzione standard per ogni azienda, ogni volta dobbiamo costruire insieme il profilo ideale e accettare compromessi, tenendo presente che trovare il manager giusto per un’azienda familiare è un processo complesso e di lenta maturazione. In un’azienda per la quale cercavamo il DG il processo di ricerca e selezione è durato oltre 1 anno, perché l’imprenditore non aveva mai avuto un direttore generale; inizialmente pensava dovesse avere un profilo amministrativo-finanziario, poi di tipo gestionale generico e infine ha deciso che tra i due finalisti era meglio scegliere quello che proveniva dalla sua regione. Questi sono elementi che possono avere un peso e spesso anche la conoscenza del territorio e la condivisione della cultura locale diventano requisiti essenziali.
Tempo indeterminato o temporary manager?
Normalmente il manager esterno va inserito a tempo indeterminato proprio perché deve gestire processi di maturazione dell’azienda a medio lungo termine. Tuttavia dipende dal progetto.
Ad esempio, se il progetto è di gestione temporanea di una successione (magari perché la nuova generazione non è ancora pronta), può essere adatto un senior manager temporaneo che non avendo più necessità di carriera o di fare politica aziendale dedichi tutto il suo tempo a far crescere la struttura. Un manager asettico, un tecnico che fa il suo mestiere con estrema razionalità e freddezza, senza lasciarsi trascinare da politiche, giochi di potere o interessi personali. Uno che sa dire “no” quando serve, nell’interesse dell’azienda e a costo di essere cacciato via. Una figura super partes, ago della bilancia tra azienda e famiglia.
Come attrarre e trattenere un manager in un’azienda familiare?
Con trasparenza, presentandogli pregi e difetti dell’azienda e della famiglia, lasciandogli un po’ di libertà decisionale e spazio per affermare le proprie opinioni. Coinvolgendolo abbastanza anche nella strategia e nei risultati. Senza necessariamente farlo diventare socio ma facendolo partecipare ai risultati economici. Rispettandolo e non parlandogli alle spalle. Avviene spesso che la sera la famiglia si incontri e prenda decisioni (in sala da pranzo o a letto) all’insaputa del manager: capite che è difficile fare il manager in queste condizioni, perché la decisione presa il giorno prima viene rimessa in discussione il giorno dopo. Se vi sono questi presupposti, il manager può anche durare a lungo.
Ma detto ciò va anche precisato che ci sono delle situazioni in cui è meglio non inserire un dirigente esterno perché l’azienda va avanti ugualmente, si possono aspettare i figli che crescono o inserire quadri intermedi specialisti delle varie discipline.
Conclusioni
Per concludere, chiunque si occupi dell’azienda, sia esso il manager, l’imprenditore, il figlio o un altro parente, dovrebbe cercare solo il bene dell’azienda, anche a scapito di interessi individuali. L’azienda dovrebbe essere al di sopra di qualunque interesse personale e se adottiamo questo principio sarà più facile risolvere i conflitti familiari e gestire l’azienda!