Perché in Italia l’outplacement è poco utilizzato?
La procedura viene avviata a seguito di specifico ed esclusivo incarico alle società di outplacement da parte del datore di lavoro a favore dei dipendenti che si intende licenziare o porre in cassa integrazione, e questo costituisce un primo ostacolo alla sua diffusione, poiché comporta un costo che non tutte le imprese sono disposte a sostenere.
È anche una questione di mancanza di cultura della formazione, sia da parte dei dipendenti che dei loro datori di lavoro che genera una certa sfiducia nell’utilità dei programmi di outplacement per facilitare la ricollocazione dei lavoratori.
Non si tiene conto del fatto che le competenze professionali acquisite possano risultare non più appetibili, se non si è provveduto costantemente, durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, a seguire percorsi di aggiornamento e formazione professionale, e non si considera che le stesse procedure per la ricollocazione possano aver subito un’evoluzione negli anni (si pensi, ad esempio, all’importanza assunta da LinkedIn negli ultimi anni, che è divenuto uno strumento quasi indispensabile per favorire l’incontro di domanda e offerta di lavoro).
Ciò che si dovrebbe comprendere è che non è più sufficiente essere in grado di redigere un perfetto curriculum vitae e ricorrere a conoscenze o al passaparola.
Nel momento della perdita del lavoro si ha bisogno dell’assistenza di un professionista che possa indirizzarci verso le scelte migliori, in base alle nostre esigenze personali e al mercato in cui ci si trova ad operare, anche indirizzandoci verso un’attività imprenditoriale, nel caso in cui essa risulti essere maggiormente adatta alle nostre attitudini e propensioni.
Accade anche che, in fase di cessazione del rapporto di lavoro e durante la possibile trattativa che ne consegue, il dipendente non sempre abbia il tempo e la lucidità mentale necessari per valutare tale opportunità prima della cessazione definitiva del rapporto di lavoro.
C’è poi chi preferisce concordare con il proprio datore di lavoro la monetizzazione dell’importo che questi avrebbe speso per attivare l’outplacement, in modo da incrementare il valore dell’incentivo erogato in occasione della cessazione del rapporto di lavoro.
Infine, in alcune Regioni, come ad esempio il Trentino Alto Adige (per quella che è la nostra esperienza riferita ai dirigenti, quadri e alte professionalità da noi rappresentate), l’utilizzo di tale strumento è praticamente nullo dal momento che la difficoltà a ricollocarsi autonomamente è quasi del tutto assente.
Manageritalia e Confcommercio, hanno introdotto nel contratto collettivo di lavoro nazionale per i dirigenti di aziende del terziario una prima disciplina dell’outplacement già nel 1998.
Nel corso degli anni, la norma contrattuale è stata modificata in più occasioni, sempre nell’ottica di favorire l’utilizzo di tale strumento, poiché dalle rilevazioni periodicamente effettuate si continuava a registrare uno scarso ricorso all’outplacement, anche negli anni di crisi economica in cui il ricollocamento dei dirigenti risultava più arduo.
Ad esempio, si è reso possibile per il dirigente ottenere l’attivazione dell’outplacement non solo a seguito del licenziamento, come prevedeva la precedente formulazione del contratto, ma anche in caso di accordo di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, tipologia di cessazione più frequente per i dirigenti, anche se di fatto si perviene alla cessazione per iniziativa del datore di lavoro.
Inoltre, si è coinvolto nelle politiche attive per la ricollocazione il CFMT, il Centro di Formazione per il Management del Terziario istituito dal CCNL dirigenti terziario, in sinergia con la società di Outplacement scelta dal dirigente, e XLabor, l’Agenzia per il Lavoro costituita da Manageritalia.
In estrema sintesi, il CCNL stabilisce un contributo alle politiche attive che poi viene restituito, in tutto o in parte, alle aziende che hanno attivato una procedura di outplacement a favore dei loro dirigenti.
È importante anche l’attività di consulenza svolta dalle Associazioni territoriali di Manageritalia a cui i dirigenti si possono rivolgere in prima battuta.
Insomma, si tratta di un meccanismo che richiede una continua implementazione e uno sforzo importante sul fronte della comunicazione per riuscire a superare gli ostacoli e i pregiudizi di cui abbiamo accennato e che, in parte, continuano ad impedire un pieno utilizzo delle opportunità offerte dal ricorso all’outplacement.