Crescono le richieste di figure in ambito welfare aziendale
Non solo welfare manager, ma anche profili in ambito diversity, mobility management e smart working: queste le figure più richieste nel settore del welfare aziendale, un comparto che spesso viene trattato dalle imprese da ruoli diversi. Il welfare manager offre servizi dalla prima infanzia all’assistenza ai non autosufficienti, dal tempo libero alla formazione extra-professionale. Fino a poco tempo fa non esisteva questo profilo, ma si parlava di responsabile delle politiche sociali.
“Si pensi, per esempio, alla diversità a tre temi: genere, disabilità ed età e come questi ruotino attorno ai temi del welfare e mobilità, argomenti centrali per la viabilità cittadina, per l’eco-sistema e la vita dei dipendenti, per i piani di spostamento casa lavoro dei colleghi che aiutano ad agevolare la mobilità quotidiana; basta vedere, per esempio, il numero importante di pendolari”, spiega una nota di Joinlty, società attiva in ambito welfare aziendale. “Sta alle aziende, alle associazioni imprenditoriali e sindacali, alle scuole di formazione e alle università capire le novità che emergono da queste emergenti figure professionali e preparare le nuove generazioni ad affrontarle con un substrato importante di studi ed esperienze importanti”.
Oltre alle suddette figure, in questo settore va ricordato anche colui che in azienda progetta e gestisce il lavoro agile, più comunemente detto smart working, e le attività di people caring: in questo senso un responsabile people caring potrebbe coprire tutte queste responsabilità. Inoltre, ci sono anche altre attività, come la gestione delle mense, piuttosto che i circoli ricreativi aziendali, enti cogestiti con le organizzazioni sindacali, richiesti in molte grandi realtà industriali, nelle banche o assicurazioni.
Spesso peraltro queste attività sono in capo a più persone, in funzioni diverse o addirittura, come capita soprattutto per il diversity o il mobility manager, da colleghi che hanno un’altra attività principale. La diversificazione di ruoli e di attività fa sì che spesso la strategia non ha una unica mente e queste figure possono andare in collisione. Queste figure professionali hanno spesso collocazioni organizzative le più variegate: dalle relazioni industriali, allo sviluppo, alla comunicazione interna, alla sostenibilità a settori , ad esempio il mobility manager o chi si occupa di progetti di lavoro agile. Queste figure, che stanno assumendo dei ruoli importanti nel change management e nella gestione delle risorse, con riflessi importanti nelle organizzazioni, sono affidati a professionisti che si trovano a svolgere queste attività, alle volte catapultati da altri mondi e senza una preparazione specifica. Solo da poco c’è una “gara” a chi fa più convegni e corsi su questi temi, anche in relazioni ai cambiamenti avvenuti nelle leggi di stabilità del 2016-2017-2018 sul tema del welfare aziendale e della possibilità di convertire i premi di produttività in servizi welfare. Va aggiunto, infine, che tutte queste figure professionali non trovano riscontro, se non timidamente, negli studi universitari.
Il diversity management
Il mercato del lavoro e le relative migrazioni intellettuali, come conseguenza della globalizzazione, hanno determinato significativi cambiamenti demografici. La crescente diversificazione dei clienti e dei mercati, le nuove modalità di lavoro all’interno delle aziende rendono, infatti, anche nel solo contesto europeo, sempre più strategica per le imprese una corretta valorizzazione delle diversità culturali espresse dalle proprie risorse. Di conseguenza è nato un mercato ricco di opportunità e di figure professionali, come il diversity manager, che è chiamato a incentivare le assunzioni e le promozioni femminili e a valorizzare le differenze, di cui ciascun individuo è portatore all’interno dell’azienda. Tali differenze fanno riferimento soprattutto a elementi quali l’età, il genere, l’origine etnica, il background educativo, la localizzazione geografica, il reddito, la religione e l’esperienza professionale e rappresentano sempre più un potenziale da valorizzare a patto che vengano gestite a livello organizzativo con competenza e investimenti mirati.
Il diversity manager quindi ha essenzialmente il compito di trovare le strategie e le politiche per migliorare la competitività attraverso la gestione delle diverse culture, l’individuazione delle differenze, senza considerarle un ostacolo. Partendo ideologicamente dal concetto di uguaglianza, questo ruolo generalmente ha come obiettivo la valorizzazione delle risorse presenti in azienda, in modo che tutti abbiano le stesse opportunità. In altre parole, si tratta di fare leva sulle reciproche diversità soprattutto culturali, per aumentare le possibilità di successo dell’intera struttura organizzativa.
Un altro universo contemplato dal diversity manager è quello femminile. Ridurre infatti le differenze, incentivare le assunzioni e le promozioni femminili sono diventate un impegno per numerose aziende, soprattutto per quelle multinazionali che commercializzano prodotti di largo consumo, più di altre attente all’immagine che trasmettono ai propri consumatori. Nelle multinazionali, in particolare questa figura ha delle grandi chance di crescita, in quanto da un inizio di carriera in Italia si può arrivare, in taluni casi, anche a ricoprire negli anni il ruolo di diversity manager a livello mondiale.