Cresce l’economia dei creatori di contenuti
Cresce l’economia dei creatori di contenuti (video, scritti, audio, etc…): non si tratta solo di postare video, ma anche di filmare, montare, fare marketing, contabilità e di consentire ai creatori di connettersi con i fans, commercializzare i loro prodotti e monetizzare le loro creazioni. I creatori hanno piccole società che spesso richiedono di essere “attive” a tutte le ore del giorno, gestendo una raffica costante di commenti sui social, e-mail dei clienti e usando la propria influenza e creatività per connettersi con il proprio pubblico, indipendentemente dalle piattaforme utilizzate.
L’economia dei creatori offre, quindi, diversità nei contenuti: invece di pochi grandi giornali ci sono milioni di pubblicazioni diverse attraverso più mezzi. C’è una sorta di comunità online, podcast o pubblicazione per gli utenti. Inoltre, gli algoritmi di Internet consentono ai creatori di raggiungere il loro pubblico. L’economia dei creatori offre anche accessibilità agli strumenti e monetizzazione per tutti: dalle reti di distribuzione alle apparecchiature del settore, i creatori possono ora realizzare lavori con microfoni economici, software per la creazione di contenuti, computer portatili e app per smartphone. I creator possono non solo costruire una community attorno al proprio lavoro, ma anche interagire con persone a migliaia di chilometri di distanza.
Un survey realizzato da Linktree, condotto su 9.500 creatori, aiuta a capire alcune tendenze generali sul modo in cui i creatori cercano di sfondare sui social media. Dall’analisi emerge che oltre 200 milioni di persone potrebbero essere classificate come creatori. Inoltre, il 39% dei creatori, indipendentemente dal loro livello di reddito, ha dichiarato di dover costantemente adottare misure per ridurre lo stress. Il survey di Linktree evidenzia inoltre che solo il 12% dei creatori a tempo pieno guadagna più di 50.000 dollari all’anno, mentre il 46% dei creatori a tempo pieno guadagna meno di 1.000 dollari all’anno. Non c’è tuttavia una correlazione diretta tra il tempo dedicato alla creazione di contenuti e il reddito annuale. Il 32% dei creatori che guadagnano fino a 10.000 dollari all’anno dedica più di 10 ore alla settimana alla creazione di contenuti, mentre il 52% dei creatori che guadagnano tra i 50.000 e i 100.000 dollari dedica meno di 10 ore alla settimana alla creazione di nuovi contenuti. Linktree stima che il 66% dei creatori considera le proprie attività online come un’attività secondaria, mentre il 36% dei creatori crea contenuti solo da un anno o meno. Di questi creatori “principianti”, solo il 6% ha guadagnato più di 10.000 dollari. Il 35% ha monetizzato, ma non ha guadagnato abbastanza per ottenere un “reddito vivibile”, mentre il 59% non ha ancora monetizzato.
Un rapporto sulla creator economy realizzato da Influencer Marketing Hub e Neoreach, ha rilevato che gli accordi con i brand sono la principale fonte di reddito per i creator, ma Linktree sostiene che questo non è vero: dalla sua analisi ritiene invece che il 70% dei creatori guadagna meno del 10% del proprio reddito totale dalle partnership con i brand. Questo aspetto indica che gli accordi con i brand non sono fonti di guadagno né affidabili né costanti. Inoltre, il 12% dei creatori guadagna meno di 100 dollari per ogni collaborazione con un marchio.
“Il 68% dei creatori part-time guadagna meno di 1.000 euro”, ha dichiarato Eric Jacks, Chief Strategy Officer di Collab, società che ha collaborato con Linktree a questa ricerca. “Questa ricerca sottolinea quanto possa essere difficile essere un creatore e quanto sia importante per i creatori trovare piattaforme e servizi che ottimizzino le opportunità di monetizzazione”, aggiunge Eric Jacks. Sulla base di questi risultati, Linktree raccomanda ai creatori di trovare una nicchia specifica, citando che il 37% dei creatori di nicchia ha ottenuto collaborazioni con i marchi, rispetto al 26% dei creatori più generici. Infine, lo studio rileva che avere un pubblico molto impegnato e di dimensioni ridotte aiuta i creatori a monetizzare in modo più efficace rispetto a un pubblico numeroso e poco impegnato. Questo accade nel momento in cui molti marchi richiedono ai potenziali partner influencer di condividere informazioni sui tassi di coinvolgimento del pubblico, non solo sul numero di followers.