Cresce la tecnologia nelle aziende

Di Robert Hassan
Bocciata la capacità di innovazione, la produttività del lavoro e la competitività internazionale. È quanto emerge dall’indagine “Lavoro e attrattività, a che punto siamo in Italia?” realizzata da EY, in collaborazione con SWG, su un campione di più di 500 manager e imprenditori italiani.
In particolare, il 76% degli intervistati ritiene che è necessario fare riferimento alla qualità del lavoro per progettare politiche del lavoro efficaci. L’indagine evidenzia inoltre che tre aziende su quattro cercano o hanno cercato personale nell’ultimo anno e, nel complesso, il 62% ha riscontrato difficoltà legate in primo luogo (59%) alla mancanza di candidati adeguatamente qualificati. Circa il 70% del campione ritiene che oggi sia molto difficile reperire personale con qualifiche e competenze coerenti con le esigenze aziendali.
L’82% degli intervistati ritiene utile implementare misure per favorire la conciliazione dei tempi di vita e lavoro per le famiglie; l’81% è favorevole a una riduzione strutturale del costo del lavoro e ad un incremento dell’offerta formativa professionalizzante.
“Da troppo tempo – spiega Stefania Radoccia, managing partner dello studio legale e tributario di EY – il tema del lavoro non è al centro del dibattito, invece è assolutamente centrale. Si tratta di un tema fondamentale per incidere sull’attrattività del Paese e delle aziende italiane. Ne sono convinti anche i manager e gli imprenditori che abbiamo intervistato insieme a SWG: per il 74% degli intervistati le politiche del lavoro non all’altezza della situazione penalizzano l’attrattività del Paese. In questo momento, inoltre, il livello di fiducia non è altissimo: circa la metà degli intervistati non è sicuro che si potranno realizzare tutti gli interventi necessari. È quindi fondamentale muoversi rapidamente e in modo efficace e immettere fiducia nel sistema, attraverso una riforma organica, una vera e propria politica industriale del lavoro. La trasformazione tecnologica iper-accelerata avrà un impatto notevole sulle dinamiche lavorative a livello nazionale e globale. È fondamentale che la formazione, intesa anche come upskilling e reskilling, si parli con la politica industriale del Paese. Soltanto attraverso l’incrocio di queste due variabili saremo in grado di incidere concretamente su salari, produttività e innovazione”, aggiunge Radoccia.
Cresce la tecnologia nelle aziende
Guardando in prospettiva, l’82% del campione intervistato da EY è d’accordo nel ritenere che il lavoro del futuro sarà più automatizzato e più tecnologico.
Da un’indagine a cura della Fondazione Aidp e Doxa sugli impatti delle nuove tecnologie sul mondo del lavoro, rivolta ai colletti bianchi di aziende con almeno 10 dipendenti, emerge che il sentimento generale verso le nuove tecnologie è positivo per il 90% dei lavoratori. Un dato significativo da sottolineare è una sorta di maggiore maturità rispetto al rapporto con le nuove tecnologie digitali. In altre parole, rispetto al passato, diminuisce la curiosità e il senso di sfida e aumenta la percezione di opportunità e di abitudine, approccio tipico di crescita dell’auto-consapevolezza rispetto alle novità digitali. La percentuale più elevata in termini di sentimento positivo è tra i dirigenti con il 99%. Rispetto al passato diminuisce notevolmente la percezione negativa. In particolare si ritiene che abbiano portato una maggiore efficienza (35%), un aumento della qualità (30%) ed un accrescimento di competenze e professionalità (27%), oltre ad un alleggerimento della fatica su lavoro (25%). Il 31% degli intervistati ritiene che avrà impatti positivi sul proprio lavoro, dato in crescita rispetto al 23% del 2018.
“Il rapporto su intelligenza artificiale e colletti bianchi della Fondazione AIDP vuole mettere in luce come le nuove tecnologie impattano sull’organizzazione, come la modificano e gli effetti che ha sul lavoro intellettuale. Nello specifico – spiega Isabella Covili Faggioli, Presidente Fondazione AIDP -, è interessante capire come il digitale porta a ridisegnare l’organizzazione aziendale e come porta le persone ad apprendere nuove competenze. La digitalizzazione non è solo una questione tecnologica ma strategica, in quanto occorre ripensare al modo di fare impresa, ai modelli di business e a come entrare nel futuro da protagonisti”.