Aumentano i tempi di ricollocamento dei dirigenti
Il tempo necessario al ricollocamento nel mondo del lavoro dei dirigenti si è attestato, nei primi 6 mesi del 2021, intorno ai 6,4 mesi, in aumento rispetto allo stesso periodo del 2020 (6,1 mesi) e ai 5,3 mesi per i quadri, in diminuzione rispetto al primo semestre del 2020 (5,5 mesi). E’ il risultato di una ricerca realizzata da Intoo, società che opera nell’outplacement e che fa parte di Gi Group. Sempre nello stesso periodo, la ricerca evidenzia inoltre che le retribuzioni dei quadri, coinvolti nel processo di outplacement e passati a un nuovo lavoro, sono state più basse rispetto al lavoro precedente nel 49% dei casi, uguali (39%), più alte (12%), mentre gli stipendi dei dirigenti del sono stati più bassi nel 56% dei casi, uguali (26%), più alti (16%).
“Tra i settori in cui sono stati maggiormente ricollocati i quadri e dirigenti rientrano soprattutto: la logistica, l’e-commerce, energy, salute, customer care e green economy”, osserva Cetti Galante, amministratore delegato di Intoo e consigliera delegata per gli affari istituzionali di AISO, Associazione italiana società di outplacement che ha il compito di sensibilizzare le aziende italiane nell’utilizzo di questo servizio. “Le figure che sono state ricollocate con più facilità sono quelle che hanno una notevole specializzazione tecnica e che si sono adattate di più al cambiamento. Le società di outplacement possono dunque aiutare le persone che si trovano in una fase di transizione occupazionale adottando percorsi che offrono un supporto concreto ai lavoratori in uscita”, conclude Galante.
I risultati della ricerca, condotta da Right Management – Talent Solutions di ManpowerGroup, evidenziano invece che percorsi di outplacement rivestono un ruolo decisivo nell’aiutare aziende e lavoratori in percorsi di transizione lavorativa.
I dati provenienti da oltre 300.000 processi di ricollocamento mostrano infatti che nel 2020 il 79% dei candidati che è stato coinvolto in questo processo è passato ad un nuovo lavoro con un ruolo uguale o superiore, mentre il 57% dei candidati ha trovato una posizione con un compenso uguale o superiore, permettendo dunque un sostanziale avanzamento di carriera. I dati rilevano che è necessario adottare un approccio agile per riuscire a trovare una nuova posizione: nel 2020 il 48% dei candidati che si trovavano in una fase di transizione occupazionale ha infatti cambiato lavoro attraverso un percorso di outplacement, ovvero una soluzione che accompagna il candidato in un percorso di crescita professionale attraverso la riqualificazione delle sue competenze. I lavoratori che più sono coinvolti in programmi di outplacement nel 2020 provengono da funzioni come l’IT (21%), sales (12%) e finanza (9%).
Dalla ricerca emerge inoltre che i lavoratori inseriti in programmi di ricollocamento si trovano ad avere la necessità di sviluppare nuove competenze per rispondere alle esigenze di nuovi ruoli professionali. Stanno infatti aumentando sempre più i lavoratori che cambiano settore e posizione.
Nei prossimi cinque anni, in seguito all’integrazione di nuove tecnologie, il 43% delle aziende prevede di ridurre la propria forza lavoro. Tuttavia, nello stesso periodo e per le stesse ragioni, il 34% delle aziende prevede invece di espandere la propria forza lavoro. Le competenze necessarie stanno dunque cambiando. Nei prossimi dieci anni, la richiesta di competenze, soprattutto tecnologiche e di comunicazione, aumenterà considerevolmente. Allo stesso tempo, una ricerca dell’OCSE indica che il 32% dei posti di lavoro attualmente esistenti subirà cambiamenti significativi e il 14% dei ruoli potrebbe essere completamente automatizzato. La sfida per le aziende è dunque quella di adattarsi ai cambiamenti sempre più veloci del mercato del lavoro. La capacità di raccogliere e analizzare i dati è dunque cruciale nei percorsi di ricollocamento.
“Abbiamo affrontato la pandemia in un periodo già ricco di trasformazioni per il mondo del lavoro”, spiega Ian Symes, Global Brand Leader di Right Management, società di outplacement. “La quarta rivoluzione industriale è caratterizzata da un aumento della digitalizzazione e di processi di automazione e le competenze necessarie per svolgere i lavori saranno molto diverse da quelle richieste un decennio fa. L’emergenza sanitaria di questo periodo ha accelerato questo cambiamento. Per le imprese, la pandemia ha significato dover affrontare nuove sfide e a cambiare modelli di business, il tutto in uno scenario contraddistinto da alti tassi di disoccupazione. In questo complicato contesto, i lavoratori avranno bisogno di maggior supporto per trovare nuove posizioni”, aggiunge Symes.