Allarme lavoro irregolare

Di Robert Hassan
Da uno studio di Assolavoro sul lavoro in somministrazione emerge che oltre la metà (53,8%) delle persone che utilizzano questo contratto sono giovani. Cresce il peso delle donne e diminuiscono progressivamente i lavoratori con un basso titolo di studio. Il lavoro in somministrazione è un tipo di contratto istituito in Italia nel 2003 che raccoglie l’eredità del lavoro interinale introdotto con il “Pacchetto Treu” nel 1997. Si basa su un rapporto trilaterale: l’agenzia per il lavoro che assume il lavoratore, l’utilizzatore (l’impresa presso la quale il soggetto è impiegato), e il lavoratore stesso. L’assunzione può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato.
Nel 2023 gli occupati tramite agenzia per il lavoro sono stati in media 499mila, il peso della somministrazione sul totale del mercato del lavoro è stata pari al 2,7% dei lavoratori dipendenti ed è calata la componente a termine. Nel 2023 ha continuato a crescere la componente della somministrazione a tempo indeterminato che ha registrato un tasso di crescita annuo del 16,7%. La componente a tempo indeterminato della somministrazione rappresenta un asset sempre più strategico per le agenzie per il lavoro nell’accompagnamento della domanda delle imprese con una offerta mirata, specializzata e continua, in un contesto di crescente shortage della forza lavoro disponibile e soprattutto di quella tecnica e più qualificata.
Inoltre, è aumentata la paga oraria che è salita a 13,4 euro. L’ultimo biennio ha segnato una contrazione, in controtendenza con l’andamento positivo dell’occupazione generale. La ridotta spinta dell’economia tende a spostare il lavoro a termine verso segmenti meno qualificati e meno tutelanti per i lavoratori come i contratti Intermittenti, gli occasionali, e verso la stessa stagionalità, penalizzando la somministrazione nonostante i meccanismi di welfare che garantisce.
Se si confrontano gli assunti a tempo indeterminato, o confluiti nel tempo indeterminato a
seguito di trasformazioni, tra il 2010 e il 2020, in via diretta dalle aziende (esclusa la Pubblica Amministrazione), con quelli assunti a tempo indeterminato dalle agenzie per il lavoro, i primi superano un anno e mezzo di durata (547 giorni) nel 56,9% dei casi, mentre nel caso dei secondi la percentuale sale fino a raggiungere il 70,3%. Fatto 100 il numero dei lavoratori in somministrazione a tempo indeterminato, 85 superano la durata di un anno. Dei restanti che cessano prima dei 12 mesi, 10 rientrano entro 90 giorni sempre con un rapporto a tempo indeterminato, 4 rientrano con un contratto a termine e solo 1 non trova occupazione o esce dal mercato.
il 51% dei lavoratori in somministrazione è impiegato nei servizi, ma si ha anche una forte
concentrazione nell’industria: sono profili a elevata qualifica, a media qualifica, tecnici e operai specializzati.
Il lavoro irregolare
Uno dei problemi principali in Italia oggi è il lavoro irregolare, un fenomeno allarmante che coinvolge in Italia un numero enorme di persone: 2,85 milioni di lavoratori non regolari nel 2021 (pari all’11,3% degli occupati). In termini di unità di lavoro, secondo Assolavoro, si tratta di quasi 3 milioni di unità nel 2021 con un tasso di irregolarità, calcolato come incidenza percentuale delle Unità lavorative per anno (ULA) non regolari sul totale pari al 12,7% (sceso dal 13,6% del 2020). Le ULA sono un’unità di misura che rappresenta il numero medio mensile di dipendenti occupati a tempo pieno nell’impresa.
Il lavoro sommerso e irregolare è oggi sempre più concentrato nei servizi (nel 2021 il lavoro nero nei servizi si è attestato al 76,8%) non solo rispetto all’incidenza sulle unità di lavoro di ciascun settore, ma anche in termini di volume di occupazione irregolare.
In questo scenario le agenzie per il lavoro giocano un ruolo importante come baluardo contro il lavoro nero.
Al crescere del tasso di irregolarità del mercato del lavoro regionale, per esempio: Calabria, Campania, Sicilia, si registrano livelli inferiori di ricorso allo strumento della somministrazione di lavoro; considerazione opposta vale per quelle regioni dove l’irregolarità risulta più contenuta (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia) e che si configurano come aree del Paese in cui le agenzie per il lavoro operano maggiormente.