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Al personale sanitario mancano le competenze tecnologiche

Nonostante 1,67 milioni di occupati, una componente rilevante dell’occupazione nazionale pari a circa il 7% del totale, il numero di medici e infermieri oggi in Italia è insufficiente a soddisfare i fabbisogni della popolazione. Il settore si caratterizza per un invecchiamento della forza lavoro, una carenza di giovani lavoratori e un turnover generazionale rallentato. Ma, di fronte alla profonda trasformazione a cui è sottoposto, ci sono carenze qualitative importanti tanto quanto quelle quantitative: ai medici e infermieri italiani servono con urgenza nuove competenze digitali e manageriali per affrontare le sfide del futuro. Lo evidenzia la ricerca “Il futuro delle professioni mediche e infermieristiche in Italia” di Randstad Research, il centro di ricerca sul lavoro del futuro promosso da Randstad, che ha fotografato la situazione del settore sanitario in Italia, individuando nel dettaglio le competenze strategiche per gli anni a venire e le 47 professioni sanitarie del futuro.
Il rapporto è stato realizzato nell’ambito dell’iniziativa Ecosistema Futuro, promossa dall’ASviS per mettere il futuro al centro della riflessione culturale, politica, economica e sociale del nostro Paese, di cui Randstad è partner strategico.
“Il futuro del Servizio Sanitario Nazionale italiano dipenderà dalla capacità di affrontare le sfide attuali con una visione strategica – afferma Emilio Colombo, Coordinatore del Comitato scientifico di Randstad Research -. Le tecnologie digitali stanno trasformando la stessa professione medica e gli investimenti devono viaggiare di pari passo con politiche attive per la valorizzazione del personale sanitario”. “Nel settore – prosegue Colombo – assistiamo all’ibridazione sempre più accentuata tra professioni mediche e tecnologiche, oltre all’affinamento delle professioni esistenti: per alcuni profili sono richieste competenze provenienti da fuori dell’ambito sanitario, per altri nuove competenze mediche. Per tutti i profili, è urgente un upskilling: i medici di domani dovranno avere competenze digitali, ad esempio per utilizzare robot nelle operazioni, l’intelligenza artificiale nelle diagnosi, la telemedicina per curare i pazienti. Ma anche competenze trasversali e comunicative per lavorare in un contesto sempre più multiculturale”.
Gli occupati. L’occupazione nel settore sanitario italiano mostra una marcata prevalenza femminile: le donne sono il 66,8% della forza lavoro. La maggiore concentrazione di occupati è nelle fasce di età intermedie, con una presenza bassa di giovani lavoratori tra i 15 e i 24 anni (2,5%) e di over 65. La fascia 45-54 anni rappresenta il gruppo più numeroso, circa il 26% degli occupati, seguita dalla fascia 35-44 anni (23,5%). La scarsa presenza di lavoratori under 25 riflette la durata dei percorsi di studio necessari per accedere alle professioni sanitarie. E il 4,9% di occupati over 65 evidenzia il fenomeno di chi posticipa l’età pensionabile, per le carenze di personale e la necessità di garantire continuità nei servizi sanitari. Circa l’80% degli occupati lavora a tempo pieno, mentre il 20% è impiegato con contratti part-time, una quota significativa che riflette la flessibilità richiesta da alcune professioni sanitarie.
La carenza di medici e infermieri. L’Italia ha una carenza di professioni sanitarie che si protrarrà almeno per i prossimi cinque anni. Gli accessi alla facoltà di Medicina e Chirurgia sono stati di anno in anno ridotti per poi essere aumentati gradualmente dal 2019. In questi anni si assiste al picco della curva dei pensionamenti, con un esodo previsto di 40 mila medici dal Servizio sanitario entro 3 anni e di quasi 109 mila infermieri tra il 2023 al 2032. In aggiunta, la pandemia ha aumentato il carico di stress sulla professione medica inducendo molti ad anticipare il pensionamento. Ma, tra un decennio, quando arriveranno sul mercato i laureati delle annate del cambio di rotta negli accessi alla facoltà di Medicina, si prevede un surplus di medici laureati al netto dei pensionamenti previsti. Sorte opposta è prevista per gli infermieri, per cui la carenza non è stata bilanciata e si stima una carenza di 300 mila unità al 2035. Attualmente, la carenza di personale ha costretto gli ospedali a ricorrere a misure di tamponamento.
Le specializzazioni poco ambite. Nelle professioni mediche le aree chirurgiche e dell’emergenza-urgenza sono sempre meno scelte, mentre quelle dei percorsi più stabili e meno stressanti attraggono più candidati. Analizzando la copertura dei posti nelle scuole di specializzazione nell’anno accademico 2022/2023, le specializzazioni più attrattive, cioè quelle con un tasso di copertura oltre il 90%, sono dermatologia, endocrinologia, pediatria, neurologia e malattie dell’apparato cardiovascolare e digerente: offrono sbocchi professionali sicuri, condizioni lavorative migliori e prospettive economiche vantaggiose. Seguono, con una copertura tra l’80% e l’89,9%, allergologia, malattie dell’apparato respiratorio, medicina dello sport, neuropsichiatria infantile, psichiatria e reumatologia. Poi, con una copertura tra il 70% e il 79,9%, oncologia medica, e ancora ematologia e scienze dell’alimentazione tra il 60% e il 69,9%, geriatria e medicina interna con scarsa attrattività (tra il 50% e il 59,9%). Le meno richieste sono malattie infettive, medicina d’emergenza e urgenza, medicina di comunità e delle cure primarie, medicina palliativa, medicina termale e nefrologia (tutte con meno del 50% di copertura).