AI: come cambia la ricerca del personale
Da una ricerca di Linkedin emerge che le skill richieste ai lavoratori cambieranno di almeno il 65% entro il 2030, come conseguenza del rapido evolversi del’artificial Intelligence che accelera la trasformazione del mercato del lavoro. La ricerca evidenzia inoltre che, in Italia, gli annunci di lavoro che menzionano l’AI o l’AI generativa sono quasi quintuplicati negli ultimi due anni e le candidature per queste posizioni sono cresciute del 31% rispetto a quelle che non menzionano l’AI o l’AI generativa.
“L’uso di tecnologie come gli ATS, o sistemi di tracciamento dei candidati, è ormai molto diffuso – spiega Rodgy Guerrera, founder di Rodgy Guerrera & Partners, boutique di head hunting specializzata nel settore moda, lusso e retail. “Le aziende si rivolgono a questi sistemi automatizzati perché a volte sono sommerse dalle candidature. Un altro modello di linguaggio è ChatGPT: può consentire ai candidati di identificare potenziali titoli professionali e opportunità di lavoro, analizzare gli annunci per aiutarli a determinare quali competenze evidenziare, prevedere le domande dei colloqui, tradurre i materiali di candidatura in diverse lingue e fornire informazioni dettagliate sugli stipendi”.
“l’AI, nel processo di ricerca e selezione, è efficace perché automatizza le attività ripetitive che comunque richiedono tempo, così il recruiter si può concentrare sulle attività che contraddistinguono il suo operato, per esempio: l’attenta analisi del cv, organizzare colloqui e incontrare i candidati. I sistemi che si usano fanno un pre-screening di cv e determinano l’abbinamento di alcune candidature con le ricerche aperte e questo è di grande aiuto. L’uso di chatbot migliora anche la comunicazione tra i recruiters e i potenziali candidati che ricevono feedbacks sui colloqui e possono approfondire la selezione che hanno in corso. Anche se l’intenzione dell’AI, tramite una serie di algoritmi, è eliminare la differenza di genere ed essere più inclusivo nella ricerca del profilo, rischia anche di creare differenze, inconsistenze, soprattutto per chi è meno tecnologico o arriva da culture dove l’AI non è a loro disposizione. Questi profili verranno discriminati perchè non saranno stati aiutati da programmi specifici che avrebbero reso attrattivi i loro cv e la loro candidatura. Tuttavia, non si può al momento automatizzare tutto il processo di selezione, una persona è fatta di sfumature e queste non potranno mai essere colte da un software”, aggiunge Guerrera.
Anche la stesura del curriculum vitae sta cambiando: esistono, infatti, una serie di piattaforme che si basano sull’intelligenza artificiale e che mettono in relazione le informazioni contenute nei cv con le offerte di lavoro, evidenziando solo quelle che corrispondono al profilo dei candidati.
“Il cv del futuro è quindi uno spazio interattivo che rende più semplice la relazione azienda – candidato. Dobbiamo pensare non solo al classico cv in formato pdf, ma anche al curriculum vitae come a uno spazio interattivo”. “L’intelligenza artificiale quindi può essere un validissimo alleato per i candidati alla ricerca di nuove occasioni professionali. I candidati, da un lato, possono risparmiare parecchio tempo perché vedranno soltanto le opportunità in linea con le competenze e ambizioni di ciascuno e, dall’altro, usare l’intelligenza artificiale nei processi di selezione aiuta i recruiter a gestire al meglio questi processi, grazie a procedure standardizzate di abbinamento domanda/offerta”, conclude Guerrera.