Tecnologia e risorse umane, cambiano gli scenari
Secondo il Rapporto Istat Imprese, l’attenzione delle imprese nei confronti delle risorse umane si intreccia strettamente con la loro capacità di utilizzare le opportunità offerte dalla tecnologia. La digitalizzazione è uno strumento potente di competitività per le società, la cui adozione richiede tuttavia la disponibilità di competenze e di un’organizzazione in grado di massimizzarne l’efficacia. Il censimento permanente ha rappresentato un’opportunità di misurazione degli investimenti digitali effettuati nel triennio 2016-2018 e di quelli programmati per il periodo 2019-21 dalle imprese con almeno 10 addetti. Tra le varie tecnologie è possibile distinguere principalmente quelle di base, legate alla connettività e alla sicurezza informatica e oggetto di investimenti più diffusi, e quelle più sofisticate – stampa 3D, tecnologie di simulazione numerica per l’ottimizzazione di processi industriali, Internet delle cose (Iot), le applicazioni dell’intelligenza artificiale, l’automazione avanzata, per esempio i robot collaborativi, e l’elaborazione e analisi di big data – meno diffuse, ma utili per mappare l’avanzamento complessivo del sistema produttivo e monitorare i divari esistenti al suo interno. L’adozione delle tecnologie digitali più innovative viene indicata anche tra gli obiettivi della Digital Decade della Commissione Europea, da realizzare entro il 2030 attraverso l’introduzione di tecnologie connesse anche all’utilizzo di intelligenza artificiale e big data. In generale, le imprese hanno investito soprattutto nelle aree ‘di base’, ovvero nella infrastruttura di rete fissa (41,8%) e mobile (32,4%) e nella sicurezza informatica (26,0%). Gli investimenti in tecnologie più avanzate presentano invece una diffusione intorno al 5% o inferiore, ma con previsioni di raddoppio nel triennio 2019-21. I divari regionali nell’uso sono abbastanza ampi, con livelli più elevati nelle regioni del Centro-nord, ma assai più ampi sono quelli dimensionali: nel triennio 2016-18, la diffusione dell’automazione industriale avanzata e dell’analisi dei big data ha superato il 20% tra le imprese con 250 addetti e più, con una previsione tra il 30% e il 40% per il triennio 2019-21, mentre la diffusione delle applicazioni immersive basate sull’intelligenza artificiale passerebbe da meno del 7% fino a circa il 16% delle imprese.
Dal Rapporto Istat Imprese emerge inoltre che il 16,6% delle imprese nel triennio 2016-2018 aveva investito in almeno una delle tecnologie più avanzate, ma la diffusione supera il 30% nei servizi ICT e nelle attività della manifattura ad alta e medio-alta tecnologia ed è intorno al 20% negli altri comparti industriali, nelle attività professionali, scientifiche e tecniche e in quelle finanziarie e assicurative. L’incremento previsto nel triennio 2019-21 per gli investimenti in almeno una di queste tecnologie è notevolissimo, anche se il divario tra i settori a maggior intensità di conoscenza e gli altri appare in crescita. Suddividendo le tecnologie più avanzate nei due raggruppamenti composti, da una parte da tecnologie più legate al settore industriale (automazione avanzata, stampa 3D, simulazione numerica) e, dall’altra, da quelle più adatte a tutti i settori economici (dispositivi di Iot, tecnologie immersive, analisi di Big data), si osserva che circa il 7% delle imprese ha investito in ciascuna area tecnologica e il 3% ha investito in entrambe. Le regioni del Centro-nord più grandi e il Friuli hanno risultati migliori di quello nazionale e la Campania appena inferiori. Tra le prime, prevalgono gli investimenti nel raggruppamento “industriale” a eccezione del Lazio che ha una vocazione manifatturiera modesta e si distingue per gli investimenti nell’area Iot e tecnologie immersive – Big data (il 13,9% in totale). Il divario territoriale Nord-Sud, con alcune eccezioni, si attenua molto nelle previsioni sul periodo 2019-21, con oltre un quarto del totale delle imprese che avrebbe effettuato investimenti in almeno una delle due aree tecnologiche.
Il Rapporto Istat Imprese evidenzia che la disponibilità di competenze è una condizione essenziale affinché le imprese possano impiegare con successo le tecnologie digitali. Nel censimento permanente sono state rilevate le competenze digitali ritenute rilevanti dalle imprese con almeno 10 addetti e la disponibilità di queste presso il personale con riferimento al 2018. Le competenze in questione essenzialmente sono quelle di base di alfabetizzazione digitale e quelle che ricadono negli ambiti della comunicazione, della sicurezza di dispositivi e dati e della soluzione di problemi tecnico-informatici. Le risposte date riflettono la percezione sulla loro importanza assoluta e la necessità di disporne internamente, piuttosto che acquisendo un servizio esterno, ma in diversi casi si tende a ritenere meno importanti le competenze più diffuse. In questa prospettiva, l’ambito più comunemente percepito come strategico, già nel 2018, era quello della sicurezza: il 77,2% delle imprese indicava come importante disporre di personale con conoscenze adeguate a proteggere i dati personali e la privacy e il 75% la protezione dei dispositivi digitali da virus e attacchi esterni, con un’incidenza del 91% nelle imprese con almeno 250 addetti. A seguire, oltre il 70% riteneva importanti le competenze di comunicazione digitale, quasi il 65% la capacità di condividere digitalmente le informazioni di lavoro, poco meno del 60% quella di usare le ICT per collaborare e la capacità di risolvere i problemi tecnico-informatici e percentuali inferiori per le altre competenze operative. La percezione della rilevanza è abbastanza omogenea nella maggior parte dei settori, ma con ampie differenze agli estremi. In particolare, le imprese che operano nei servizi ICT sono quelle che percepiscono più rilevanti il possesso delle competenze digitali, con percentuali analoghe o più elevate rispetto alle grandi imprese, dai 15 a oltre 30 punti superiori alla media. Seguono le altre attività: quelle finanziarie e assicurative, le attività professionali, scientifiche e tecniche. Le meno sensibili sono invece, in tutti gli ambiti, le imprese che operano nel settore ricettivo. Sul territorio, nelle prime posizioni ci sono il Piemonte, la Lombardia e il Lazio, mentre negli ultimi posti si trovano Marche e Toscana nel Centro e Puglia e Sicilia nel Mezzogiorno.
Le imprese che dichiarano di disporre di conoscenze digitali non adeguate, tra quelle che ritengono
importanti, vanno dal 20,7% per la capacità di risolvere problemi tecnico-informatici al 3,2% per la
comunicazione. Per tutte le competenze, la carenza è più sentita nelle attività di alloggio e ristorazione, che sono anche quelle in cui è meno diffusa la percezione dell’importanza delle conoscenze digitali; viceversa, le quote più basse di imprese che segnalano insufficiente disponibilità di personale qualificato si osservano nei servizi ICT che più attribuiscono valore strategico alle competenze digitali e più diffusamente investono in formazione. La percezione della rilevanza delle competenze è sensibilmente più diffusa tra le imprese che nel triennio 2016-2018 avevano investito in tecnologie avanzate, con riferimento sia alle applicazioni dell’intelligenza artificiale legate al settore industriale (robotica, stampa 3D, software di simulazione dei processi) che alle altre tecnologie di uso più generale (dispositivi di Internet delle cose-Iot, realtà aumentata, analisi di big data-BD).