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Il valore del change manager

Per modificare la cultura di un’azienda occorrono figure specializzate riguardo la gestione del cambiamento: si tratta spesso di esperti esterni, ovvero temporary manager di grande esperienza organizzativa e metodologica nei processi culturali, di sofisticata sensibilità e di forte energia di driving, oppure di professionisti, come ad esempio i change manager interni all’azienda che analizzano e valutano opportunità e rischi, costi e guadagni legati all’evoluzione dell’azienda. Il loro ruolo infatti è normalmente rivestito da un consulente o anche da un dipendente, di solito di grandi società multinazionali, che opera nell’ufficio personale o nello staff di direzione. E’ un ruolo che definisce dunque le fasi del processo di cambiamento, lo monitora e ne gestisce l’impatto, armonizzando il nuovo con l’esistente. Generalmente è una figura con alle spalle almeno cinque o sei anni di esperienza gestionale e che tende a riconoscere lo status dirigenziale fin dai primi passi professionali.

Il change management abbraccia quindi essenzialmente tutte quelle attività correlate alla messa in opera di nuove risorse finalizzate al cambiamento organizzativo di un’azienda che ha necessità di dare un’impostazione moderna e adeguata ai tempi. La gestione del cambiamento è un fondamentale segmento della gestione aziendale che consiste dunque nell’insieme delle attività e degli strumenti per il governo sistematico dei processi di cambiamento, attraverso lo sviluppo integrato e costantemente monitorato delle persone, della cultura, dei processi organizzativi, delle strutture e delle tecnologie.

Per diventare change manager è necessaria una preparazione di tipo economico-gestionale e un’approfondita conoscenza dell’information technology, visto che ad esso sono legati i principali processi di trasformazione. Sempre più si tende ad agganciare il livello retributivo variabile di questi professionisti al raggiungimento di obiettivi pre-concordati e alla performance. Per identificare le principali abilità, competenze e conoscenze del change manager, è fondamentale considerare i reali obiettivi aziendali e pianificare il cambiamento in virtù delle aspettative dell’impresa. Affrontare professionalmente un mutamento organizzativo significa possedere delle capacità diagnostiche, progettuali e di leadership. Le capacità diagnostiche sono fondamentali per percepire anticipatamente le esigenze di cambiamento; le capacità progettuali servono per la formulazione sia del progetto di cambiamento in generale, sia per il piano delle singole iniziative; le capacità di leadership invece sono indispensabili per poter pilotare la realizzazione del cambiamento. L’azienda ideale quindi è quella che non teme il cambiamento e che punta continuamente al suo miglioramento competitivo.

Riguardo le prospettive occupazionali, in Italia il change manager è una professione con buone prospettive. Ha solitamente un background accademico di un certo livello: il suo percorso universitario non si ferma solitamente alla laurea in Ingegneria o in discipline economiche, ma prevede spesso almeno un Mba. Le sue competenze professionali si costruiscono normalmente in società di consulenza strategica per poi essere valorizzate in ambito aziendale. La complessità del suo ruolo implica dunque una preparazione accademica e una competenza professionale, anche nell’area della comunicazione, non comune.

Change management: l’intelligenza artificiale in ambito retail

Un esempio concreto di change management viene dall’utilizzo sempre più diffuso dell’intelligenza artificiale (AI) da parte delle aziende. Questo strumento sta lasciando un segno permanente, per esempio nel settore del retail, sia dal punto di vista del cliente/consumatore che del retailer, e questo è solo l’inizio. La continua evoluzione della tecnologia permetterà ai retailers di creare differenziazione, modificare l’offerta e creare vantaggi competitivi. ). I suoi contenuti professionali si sviluppano intorno all’analisi del posizionamento strategico e dei vantaggi competitivi di un’azienda per capirne la massima valorizzazione.

Oggi i consumatori/clienti – spiega Rodgy Guerrera, founder di Rodgy Guerrera & Partners, società di head hunting specializzata nel settore moda, lusso e retail – cercano sempre di più la customizzazione e la personalizzazione dai retailers, sia nell’acquisto del guardaroba e della cosmetica che della tecnologia e dell’alimentare”. “Grazie all’AI oggi si possono aggregare le varie informazioni di mercato/trend e mostrare prodotti di interesse alla singola persona, in termini di colore, tessuto e stile. I retailers, piuttosto che i siti e-ECommerce, hanno la possibilità di raccogliere e analizzare dati dei clienti da più fonti e creare algoritmi per analizzare i comportamenti del cliente. Questo permette ai retailers di suggerire prodotti che potrebbero incontrare le preferenze del consumatore, sulla base di ricerche e acquisti pregressi. In questo modo, quindi, si riesce ad offrire una customer experience davvero su misura, dove il consumatore/cliente è valorizzato, e si sente unico”, conclude Guerrera.