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Cresce l’ottimismo sull’occupazione

di Robert Hassan

Da un’analisi Infojobs emerge che le assunzioni fatte nel 2020 sono state  incoraggianti: se a inizio anno il 74,3% delle aziende aveva intenzione di assumere nuove risorse, in chiusura di un anno così difficile, oltre la metà delle aziende ha comunque ampliato l’organico: il 25,8% afferma di aver assunto addirittura più professionisti di quanto previsto, il 36% ha assunto anche se in numero ridotto rispetto ai piani, mentre il 25,7% non ha assunto nessuno e il 12,5% ha dovuto ridurre l’organico.

Il dato ancora più incoraggiante riguarda il 2021: la maggior parte delle aziende intervistate afferma di essere pronto ad ampliare il numero di risorse che collaborano con esse. Il 47% è ottimista su un incremento, seppure debole, il 25,7% addirittura dichiara di prevedere un aumento consistente, dovuto al fatto che il business in cui opera o non si è mai fermato o è in ripresa. Rimane comunque un 12,5% che prevede nuove assunzioni solo in caso di sostituzione delle risorse dimissionarie, un 9,7% che non intende assumere in nessun caso e un 5,6% che valuta di ridurre l’organico.

Per chi nel 2021 assumerà, è fondamentale puntare sulla qualità delle risorse (37,2%), mentre per il 31% non cambieranno le modalità di selezione dei candidati rispetto al passato. Infine, il 16,8% delle aziende preferirà conferire incarichi flessibili, più adatti all’attuale momento di incertezza, mentre solo il 5,3% delle imprese dichiara di avere la necessità di assumere nuove figure professionali rese necessarie dall’emergenza e dalle nuove esigenze del mercato.

Ma chi non assumerà nuove figure nel 2021 come affronterà il business? Quasi all’unanimità (74,4%) le aziende sono pronte a investire sulla formazione e sullo sviluppo delle risorse interne per trattenere i talenti già nell’organico, eventualmente riqualificandoli. Il 18,8% farà invece ricorso alla cassa integrazione per non ridurre l’organico, cosa che potrebbe fare il 5,3%.

Rispetto allo scenario del lavoro 2021, Filippo Saini, Head of Job di InfoJobs, afferma “Ci aspettiamo un inizio d’anno atipico dal punto di vista del lavoro, dovuto all’incertezza ancora persistente degli effetti della pandemia e degli sviluppi legislativi. In questo scenario mutevole, rileviamo dalle aziende un solido atteggiamento di determinazione e propensione alla continuità del business, che premierà ancora e sempre più la tecnologia, quale partner irrinunciabile del lavoro, e la formazione, sulla quale molti sono disposti a investire in modo incrementale.”

Infine, rispetto ai trend che caratterizzeranno il mercato del lavoro 2021, gli HR delle aziende italiane si sono espressi abbastanza in continuità con l’anno precedente, con una sorpresa interessante.

TREND PER IL MERCATO DEL LAVORO 2021

DATA DRIVEN HR, ovvero la digitalizzazione al servizio delle persone (34,5%): in crescita del 2,5% rispetto all’anno precedente, la tecnologia e la digitalizzazione si sono dimostrati partner indispensabili al servizio delle persone e dell’HR per affrontare gli eventi del 2020. Il digitale è essenziale non solo per chi lavora in smart working ma anche come strumento per l’ottimizzazione di tempi e processi di tutte le aree e funzioni aziendali, HR in primis. Gli strumenti digitali quindi diventano un alleato affidabile, imparziale, in grado di accelerare e semplificare i processi, anche di assunzione, liberando così tempo a valore aggiunto per i dipendenti.

UPSKILLING E RESKILLING, ovvero formazione continua (25%): l’investimento in formazione è sinonimo di rafforzamento delle hard ma anche delle soft skill, sempre più importanti nel nuovo scenario lavorativo. La formazione è un valore, soprattutto per le risorse già integrate in azienda, che possono essere accompagnate in percorsi di sviluppo e crescita ma anche reindirizzate verso percorsi nuovi, adatti alle mutate condizioni dell’azienda.

ORGANIGRAMMA LIQUIDO, ovvero gli obiettivi vincono sul cartellino (16,4%): la priorità e la valutazione delle performance si concentrano sempre di più sugli obiettivi raggiunti, sull’autonomia e sull’empowerment, soprattutto in un anno che ha fatto scoprire lo smart working di massa, dove controllo e presenza cessano di essere un valore di riferimento.

PURPOSE DRIVEN HR ovvero creare cultura d’impresa (15,5%): la scommessa per il futuro, e in qualche modo la premessa per arrivare davvero a un’organizzazione liquida funzionante, è la creazione di una forte condivisione di valori e cultura d’impresa a tutti i livelli, dai vertici ai dipendenti, perché lo scopo per cui si fa business è sempre più centrale per il business stesso. Segnale debole nel 2020, questo è il trend cresciuto maggiormente rispetto all’anno precedente (+9%).

EMPLOYER BRANDING (8,6%): la necessità di far sentire i dipendenti parte del gruppo è fondamentale sia per chi entra in un nuovo team sia per trattenere chi è già nell’organico e far sì che anche l’eventuale distanza del lavoro agile non sia un ostacolo al senso della squadra.
“In un anno che ci ha cambiato profondamente come esseri umani, il mondo del lavoro recepisce e ripropone questo senso di urgenza di mettere al centro ciò che conta davvero” chiude Filippo Saini. “Ecco perché il purpose aziendale, il senso e il valore profondo che guidano il business, diventano centrali per gli HR per creare quella cultura d’impresa che non solo fa la differenza per i dipendenti, ma sempre più anche nel business vero e proprio”.